Travan si paragona a Obama «Posso rimontare e vincere»

Il candidato del centrosinistra punta al ballottaggio

Il Gazzettino, 22 marzo 2008

Dieci punti di vantaggio per lo sfidante del Centrodestra Pietro Fontanini, dicono i sondaggi. Rallenta o accelera la sua corsa?

«Ho accettato la candidatura in tempi brevissimi e mi è stato riconosciuto coraggio nell’accettare una sfida in cui, lo dicono le elezioni precedenti, il Centrosinistra partiva svantaggiato. Rispetto i sondaggi, ma ritengo che le sfide si vincano con la passione, le idee e i progetti. Il Centrodestra è in vantaggio sulla carta, ma perde rispetto al 2006 e non è certo che vinca al primo turno. Ci sono buonissime possibilità di andare al ballottaggio. Quindi, sondaggi che mi confortano».

Quale strategia per recuperare?

«Nel mio piccolo credo di poter ricalcare la figura di Barak Obama, una forza della natura. Aveva uno svantaggio di 20 punti rispetto a Hillary Clinton, non aveva i soldi, le relazioni e il potere politico della rivale. Eppure, con la passione, le idee e i progetti sta prevalendo. Posso essere il Barak Obama della Provincia, che risale la china e batte Fontanini».

I partiti pescano dalla società civile per le loro forze. Ne è un esempio. Processo inevitabile o segno evidente di debolezza?

«Non ho mai espresso opinioni delegittimanti nei confronti degli uomini politici e dei partiti. Ma occorre aprirsi alla società civile, perché c’è una prateria di talenti che non è utilizzata. Ho iniziato ad operare nel Pd da sconosciuto e in soli 6-7 mesi sono addirittura in corsa per la presidenza della Provincia».

Auspica una “scuola” per futuri amministratori o vale la regola del «si impara facendo»?

«Le due cose devono andare di pari passo. La formazione è molto importante, ma bisogna tirarsi su le maniche e operare, perché è dall’impegno concreto che si impara».

Nel caso degli amministratori a spese dei cittadini, si potrebbe sostenere.

«Si può imparare velocemente. A 26 anni ho iniziato la mia carriera nel mondo dell’impresa, a 28 anni sono stato scaraventato nella posizione di direttore generale di un’azienda e ho imparato velocemente. Se ci sono capacità personali, progettualità e umiltà di farsi consigliare, nulla è impossibile».

Perché fu un attivista dei movimenti studenteschi del ‘77?

«Provengo da una famiglia da sempre progressista, ancorata ai principi cristiani, molto attenta ai problemi sociali. Dai primi anni Settanta sono stato attivo nel mondo dei disabili, e allora era molto difficile sostenere la loro integrazione. Non lo capivano né i genitori né le comunità. Poi fui nelle comunità cristiane di base e nelle Acli. I movimenti studenteschi furono uno sbocco naturale della passione per la giustizia sociale. Fui però sempre contrario ad assurde derive estremistiche».

Della sua militanza a Democrazia proletaria che conserva?

«La mia generazione per molti versi vide giusto e lontano. Ci battemmo contro la commistione fra affari e politica e pochi anni dopo scoppiò Tangentopoli; eravamo contrari al nucleare e nell’86 ci fu Chernobyl; ci battevamo contro la dittatura sovietica e un socialismo non democratico, passai un’estate come studente lavoratore in Polonia e nella Ddr e vidi con i miei occhi cosa voleva dire la dittatura, e nell’89 cadde il muro. Purtroppo fu gestita e guidata da alcuni leader del tutto irresponsabili. Non ho nulla da rinnegare. Ero un ‘moderato’. Tenni la testa sul collo allora e lo continuo a fare ora».

Qual è, secondo lei, il peggior sgarro o inadempienza che la Giunta Illy ha fatto a Palazzo Belgrado?

«Uno dei vizi capitali è quello di scaricare sugli altri le proprie responsabilità. Non capisco questa stantia polemica tra Udine e Trieste, né la contrapposizione tra Regione e Provincia. La Giunta Illy ha operato molto bene. Strassoldo, Fontanini e il Centrodestra non guardino la pagliuzza in casa altrui se hanno la trave nella propria».

Chiederà subito qualcosa alla Regione?

«Riccardo Illy, Furio Honsell ed io abbiamo già pattuito un’azione sinergica: i tre enti devono lavorare assieme e sostenersi. Se sarò presidente della Provincia, cercherò di darle più autorevolezza, e questo non è successo negli anni passati, per agire a testa alta».

Perché i cittadini dovrebbero dare un segno di discontinuità votando il Centrosinistra, dopo anni di Centrodestra?

«Innanzitutto perché quello che è successo nei mesi scorsi, con l’episodio di voto di scambio del patto Strassoldo-Tavoschi e l’inutile tira e molla dei partiti che l’hanno sostenuto fino alla fine facendo perdere soldi e tempo ai cittadini, ha intaccato i valori di fondo del Friuli. Siamo una comunità forte, laboriosa tenace, onesta e la mia vita professionale la rappresenta fino in fondo».

Quali azioni concrete per un segno di discontinuità?

«Nessuno ha la bacchetta magica in uno scenario internazionale molto difficile. Ci sono molti temi importantissimi, ma il problema economico si riverbera sulla vita dei cittadini e c’è il rischio che nel nostro tessuto produttivo alcune aziende possano andare in difficoltà, non possiamo nascondercelo. Il futuro presidente della Provincia deve agire autorevolmente per creare un clima culturale favorevole alle piccole e medie imprese, sono il tessuto produttivo della nostra provincia. Se non le valorizziamo, non andiamo da nessuna parte. Occorre sostenere l’internazionalizzazione e gli start up. E’ necessario poi far funzionare la macchina amministrativa. Ci sono opere programmate, ma non avviate e per le quali sono stati accesi mutui di cui si pagano gli interessi passivi».

Assemblee delle province friulane: un valore? E se sì, come cercherebbe di convincere Gorizia?

«E’ un valore, ma diamogli contenuti concreti, per esempio la gestione di alcuni temi ambientali. Sono di Gradisca d’Isonzo, anche se dall’81 vivo in provincia di Udine, e quindi giocherò tutte le mie carte goriziane per l’opera di convinzione. Ho letto i libri di Camillo Medeot che sosteneva l’unità dei friulani quando Gorizia apparteneva all’Austria e Udine all’Italia. Allora volevamo essere uniti, perché non ora?».

Aster, Ato, enti che tolgono valore all’ente provinciale?

«Un’altra polemica stantia. Sono enti più prossimi ai cittadini. Semmai le loro attività vanno integrate con quelle provinciali, evitando duplicati e spese aggiuntive».

Giunta con assessori scelti tra i consiglieri o tra tecnici?

«Voglio la parità di genere e poi, nel rispetto degli equilibri politici della coalizione, si pescherà sicuramente tra i consiglieri, ma può essere anche all’esterno, per alcuni ruoli con peso tecnico importante».

Alcuni suoi colleghi di partito sono contrari alla legge sul friulano, per esempio Alessandro Maran. Come ci sta con questi compagni di cordata?

«Non credo nelle dietrologie. Se il Governo di Centrosinistra ha impugnato il provvedimento non l’ha fatto per fare sgambetti alla Giunta regionale. La legge regionale, tuttavia, è ottima e credo ci siano i presupposti per difenderla».

Antonella Lanfrit

1 Commento a “Travan si paragona a Obama «Posso rimontare e vincere»”

  1. Carlo del Fiorentino scrive:

    Esimio dott. Travan,
    Lei è l’espressione del futuro. E’ difficile trovare, oggigiorno, gente così pervasa dal coraggio come Lei. Gente che porta una ventata di fresca novità nello stantio panorama politico italiano.
    Guardando la destra italiana non mi viene altro in mente che: difficile est satura non scribere. Io personalmente, guardando Berlusconi, rido. E piango.

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